Press Vocione

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Gianni Montano on Jazz Convention

Il duo Vocione pubblica un nuovo disco a cinque anni di distanza dal precedente. Marta Raviglia e Tony Cattano proseguono sulla strada di una proposta eccentrica, ricca di riferimenti letterari, musicalmente onnivora, in una mescolanza di ispirazioni, di stili, apparentemente lontanissimi, coagulati dall’estro creativo dei due artisti. Stavolta sono brani tratti dall’Odissea a costituire una sorta di fil rouge fra i vari pezzi. La Raviglia espone i testi facendo sfoggio di notevoli abilità teatrali. Con la voce, infatti, dispiega un recitativo carico e accidentato, dove ogni frase è modulata secondo intenzioni e significati diversi, in un gioco espressivo che va dalla risata al lamento, passando per gli stadi intermedi. Nelle parti cantate la musicista laziale lascia il segno, transitando con estrema disinvoltura dal Brasile malinconico e dolente di Gilberto Gil, al barocco classico ed elegante di Pergolesi, traslati in maniera angolosa e personale. Marta penetra, infatti, dentro i temi, se ne impossessa e li restituisce con il suo tipo di approccio colto e contemporaneo. Si contano, poi, alcune tracce dove la voce ricama melodie e armonie senza parole in modo flessuoso e dinamicamente pregno. In alcuni punti, ancora, si ascolta uno scat tagliente e swingante, interpretato da un’autentica jazz vocalist (pure quello…).
Nel cd sono comprese, inoltre, due vere e proprie ballad, ma anche qui c’è la divagazione inattesa. Ganja Xmas Song contiene una poesia in un russo inventato, di fantasia e custodisce una dolcezza, un lirismo rari. Silly Song declina più sul blues, un blues pastoso e romantico e chiude degnamente il disco, non riservando particolari sorprese (ed è questo che stupisce!).
Insomma la Raviglia conferma le sue doti tecniche, il suo virtuosismo, uniti alla passione per la ricerca sul campo al fine di reperire sempre nuove situazioni da esplorare.
Tony Cattano, nel contempo, non si tira certo indietro e costruisce uno sfondo solido e zigzagante, da manuale del trombone jazz moderno o d’avanguardia . Si sentono suoni multipli, note lunghe sordinate gravi, impennate verso l’acuto o il sovracuto. Insomma il trombonista spiattella un campionario completo e non sta necessariamente dietro le iniziative della partner, anzi spesso sale in cattedra a guidare il percorso della coppia.
Rispetto al disco precedente Vocione ha accentuato i riferimenti ai modelli accademici, scansando la rilettura di pop song, come Alghero di Giuni Russo, ad esempio, perla dell’album precedente. In qualche episodio i due si sono fatti, forse, prendere la mano, calcando un po’ troppo i toni, arrivando a superare il tratto ironico per finire nel grottesco. Sono peccati veniali per un duo campione dell’arte povera, in grado, cioè, di realizzare album così ricchi di intuizioni, di trovate, adoperando pochi mezzi, in questo caso la voce, il trombone, oggetti vari di uso comune, il battito delle mani e un organo Farfisa.

Alberto Bazzurro on L’isola che non c’era

[…]Interamente italico è invece il duo Vocione, alias Marta Raviglia (foto sotto), voce, e Tony Cattano, trombone. La tracklist del loro ultimo cd, Le armi di Ares, passa da Pergolesi a Gilberto Gil, anche se il grosso dei brani (sedici in tutto) è a firma dei due titolari. Ci sono molti parlati, il tema verte attorno all’Odissea e i tracciati sono sufficientemente articolati da indurci a parlare di una sorta di atto unico musicale. Come del resto i due (e la Raviglia in particolare) amano fare usualmente.

John Book on This is Boook’s Music

While the word “vocione” means “loud voice”, the Italian duo Vocione create a voice that is strong and firm as well as bold, due to one member (Marta Raviglia) doing the singing and the other (Tony Cattano) playing the trombone but also playing the Farfisa organ when he can. Le Armi de Ares (Aut) could be a spoken word performance with musical accompaniment or it could be two creative minds being able to speak as one. They could be performing at a zoo, at a park, at a public villa or a private prison and yet wherever they would be, it would sound this bold and sharp. Some of this reminds me of an American duo from the early 90’s named Ether, where it was a voice and a musician creating something mysterious yet confident. Some of this may be childlike but they are out of childhood and forcing you to enter their world for the fake of dealing with this existence. This existence is Le Armi de Ares and you are welcome to see what colors they paint for you.

Interview by Eleonora Sole Travagli on Musica Jazz

Vocione è l’empatico e telepatico duo formato dalla cantante, autrice e performer Marta Raviglia e dal trombonista Tony Cattano, due artisti a tutto tondo che si muovono con audace disinvoltura sulla scena della musica creativa. Dopo qualche tempo dall’uscita del loro secondo episodio discografico, «Le armi di Ares» (Aut Records, 2016), abbiamo pensato di tuffarci nell’universo «vocionico», scoprendo – ma un po’ lo avevamo già sospettato – trattarsi di un’esperienza sorprendente: sedici brani, tredici originali e tre covers che spaziano da Pergolesi a Gilberto Gil passando per Leonard Bernstein, e che rivelano la multiforme natura del duo valorizzando la versatilità di Raviglia, la quale ben sa di poter contare sulle solide basi, sulla seconda voce e sugli intermezzi dell’altrettanto talentuoso e fidato Cattano.

Partiamo dal titolo: Ares, dio della guerra, è una figura direi scomoda. È una divinità rissosa, sanguinaria e sobillatrice. Perché proprio Ares, quindi, che con le sue armi era solito scuotere terra e cielo lanciando fiamme dal suo torace per seminare terrore e morte? (Ah, belle le illustrazioni a cura di Roberto La Forgia con cui sono stati realizzati copertina e teaser del cd…)

M: Il titolo del disco è tratto da una delle letture che fanno da cornice ai brani. Ci piaceva molto il suono di quella frase e ci è sembrato potesse rappresentare uno degli aspetti più presenti nella musica di Vocione, ovvero quello più rissoso e rumoroso. Siamo in due ma possiamo seminare il terrore e far scappare il pubblico a gambe levate!

«Le Armi di Ares» rappresenta l’evoluzione del duo, ma chi vi conosce noterà un ritorno alle origini…


M: In effetti quando abbiamo cominciato a suonare insieme, nel lontano 2006, uno dei primi esperimenti da noi intrapresi consisteva nell’aprire a caso l’Odissea e improvvisare sui testi. A distanza di molti anni abbiamo sentito l’esigenza di riprendere questa pratica e ci siamo resi conto che alcuni brani del poema epico si prestavano a incorniciare degnamente la nostra musica: è così che nasce questo nuovo disco, il nostro personalissimo omaggio alla storia di tutte le storie.

Se l’Odissea è un espediente che fornisce validi trampolini di lancio all’improvvisazione, con quale criterio, se esiste, sono stati scelti i passi di cui possiamo godere nelle «Armi di Ares»?

M: I passi che abbiamo scelto sono contenuti nella nostra prima demo, che risale al 2008. All’epoca scegliemmo i frammenti che più si prestavano a una lettura ironica e scanzonata, in cui l’uso della voce potesse essere molto teatralizzato così da permettere al trombone evoluzioni e rivoluzioni di tutti i generi.

L’ironia, talvolta surreale e dissacrante, è un elemento imprescindibile del vostro lavoro: pregnante fin dal titolo dei brani, ne arricchisce la caratterizzazione. Che ruolo gioca l’ironia nella vita e nel lavoro di Marta e Tony?

M + T: L’ironia è una componente fondamentale dell’essere; ironizzare, in primo luogo su sé stessi, è strettamente necessario per non rischiare di prendersi troppo sul serio. Questo è tanto più importante quando ci si confronta con le dinamiche del quotidiano che possono essere fonte di frustrazione e avvilimento se non si riesce a coglierne la poesia. Ed è per questo che l’ironia può rappresentare un grandissimo aiuto per alleggerire il peso di quanto accade giorno dopo giorno. Personalmente non potremmo farne a meno, ci sentiremmo privati di una possibilità di riscatto e ribaltamento dell’ordine precostituito.

Nelle «Armi di Ares» la noia è bandita, tanta è la varietà stilistica che si prospetta alle orecchie e all’immaginario dell’ascoltatore: musica, prosa e poesia danno vita a liriche ed avvincenti, talvolta macabre, maquettes teatrali, dotate di trame sonore che ricordano esilaranti spezzoni di pellicole alla Wes Anderson. In Ganja Xmas Son una contadina si dispera per un tal Piotr. Si tratta dell’amato o, dato il titolo, del suo pusher? Scherzi a parte, beninteso!

M: Una delle caratteristiche stringenti del nostro approccio alla musica è il multistilismo, che nell’economia delle nostre scelte diviene naturale e necessario. Molte sono le cose che ci piacciono e difficilmente vi rinunciamo proprio perché siamo agguerriti combattenti della noia: questo è il motivo per cui ai nostri concerti siamo soliti saltare di palo in frasca, ovvero proporre materiale musicale diversissimo. Si va dalla musica colta a quella popolare, da quella contemporanea a quella antica, senza soluzione di continuità.
Per quel che riguarda Ganja Xmas Song, invece, ho scritto un testo in una lingua che non esiste ma che somiglia molto al russo, e così ho inventato la storia di questa contadina dei Monti Urali che ha un battibecco col suo amato Piotr e che cerca di riconquistare con un lamento appassionatissimo.

Una domanda per Tony: oltre a voce e trombone, gli ingredienti utilizzati per i multiformi brani originali sono sovrapposizioni sonore, elementi percussivi ricavati da materiale di recupero e un organo Farfisa. L’assemblaggio può essere paragonato a una tecnica assai cara a Marta, quella del collage, con cui lei è solita realizzare le sue opere d’arte. Tu cosa ne pensi?

T: L’idea di utilizzare strumenti diversi, sovraincisioni e soluzioni bizzarre è venuta in modo del tutto naturale e istintivo, gli aspetti ludici nel duo Vocione sono sempre esistiti e fanno parte del nostro bagaglio espressivo. Abbiamo utilizzato degli spezzoni di brani vari, dai canti mongoli alla musica popolare giapponese, che facessero da cornice agli interventi narrati/suonati tratti dall’Odissea. Le orecchie più attente, infatti, possono notare un leggero sottofondo, quasi impercettibile, che accompagna i brani omerici. La cosa è nata in studio per gioco, appoggiando il telefonino sul microfono e registrando alcune musiche che sono state inserite nei brani.
Penso che le opere d’arte di Marta si possano paragonare alla dimensione stilistica «vocionica», cioè quella di spaziare e assemblare la musica saltando «di palo in frasca»–come dice lei–il che ci dà la possibilità di essere assolutamente liberi da schemi preconfezionati e allo stesso tempo ci permette di avere un approccio autentico. Non amiamo mettere il «vestitino» alla musica ma conferire alle esecuzioni una buona dose di imprevedibilità.

Giochiamo a trovare le differenze. Quali sono quelle tra «Vocione», vostro album d’esordio, e «Le armi di Ares»?

M: Ho sempre pensato a questo nuovo disco come alla prosecuzione ideale del primo, nel senso che ne costituisce l’evoluzione più naturale. Ci sono differenze profonde nel grado di maturità con cui abbiamo affrontato il repertorio, ma il nostro approccio alla musica rimane sempre lo stesso: avventuroso e irriverente.

La domanda ideale sarebbe, ovviamente, quella che non vi ho ancora posto e che non vi porrò. Carta bianca agli artisti, quindi: cosa vorreste raccontarci ancora delle «Armi di Ares»?


M: La gestazione del disco è stata piuttosto complessa e lunga, con delle pause rilevanti tra le varie sedute di registrazione che, però, ci hanno permesso di comprendere più lucidamente il valore di ciò che avevamo prodotto. Il disco è stato registrato in un clima sereno e giocoso da un nostro caro amico e fonico sopraffino che si chiama Antonio Castiello e che è anche co-produttore di questo lavoro. Direi che ci siamo molto divertiti anche in fase di realizzazione.

Chiudiamo con la domanda di rito: cosa è scritto nel futuro di Vocione?

M + T:Vocione esiste da più di dieci anni e, alla base, c’è un’amicizia fraterna e preziosa che crediamo sia l’ingrediente chiave per cui quello che facciamo dopo tanto tempo ancora non ci ha stancati e, a quanto dicono, non ha stancato neanche il pubblico. Dunque, quanto prima cercheremo di tornare ad essere più presenti nella scena jazzistica nostrana e non solo. Diciamo pure che il duo è stato fermo per un po’, perché negli ultimi tempi le nostre priorità sono cambiate: ci sono di mezzo i figli, che hanno piacevolmente sconvolto le nostre vite e fornito nuovi stimoli alla nostra musica.

Interview by Enrico Bettinello on Il giornale della musica

Tra i piccoli, grandi gioielli della musica in Italia (per gli appassionati di etichette saremmo nell’ambito del jazz, ma faremmo torto alle potenzialità del progetto a voler circoscrivere), c’è certamente il duo Vocione, composto dalla cantante Marta Raviglia e dal trombonista Tony Cattano, nomi che si sono affermati in questi ultimi anni come musicisti dalla grande capacità di proiettare il proprio percorso artistico al di fuori delle coordinate più prevedibili.

Voce e trombone, un abbinamento certo non facile dal punto di vista tecnico e espressivo, potenzialmente aperto a tutto, dalla canzonetta alla più ardita sperimentazione formale. Dopo un primo disco per la Monk Records nel 2010, il duo festeggia ora i dieci anni di vita con un nuovo lavoro, Le Armi di Ares (Aut Records), disco che racconta al meglio l’intesa telepatica tra i due.

Aperto da una scoppiettante versione di “Plum Pudding”, ricetta francese musicata da Leonard Bernstein, il disco si snoda tra frammenti di letture epiche e guizzi sarcastici, incastri sognanti tra le due “voci” e la rilettura di “Lamento Sertanejo” di Gilberto Gil o dell’aria “Stizzoso, mio stizzoso” dalla Serva Padrona di Pergolesi. Lontani dall’accostamento citazionista postmoderno, il multistilismo è per il duo una naturale necessità espressiva, ma anche il terreno ideale per reinventare ogni volta i rispettivi ruoli, elemento che emerge ascolto dopo ascolto in modo coinvolgente.
Abbiamo incontrato Marta e Tony per farci raccontare qualcosa di più su questo disco e sui dieci anni del duo.

Partiamo dai 10 anni di Vocione: mi raccontate come è nato questo progetto?

Tony Cattano: «Nella metà degli anni 2000 l’uso di MySpace era molto diffuso soprattutto tra i musicisti, ho avuto modo di conoscere due persone fondamentali per il mio percorso artistico grazie a questo mezzo: Marta Raviglia, con la quale è nato Vocione, e Roberto Raciti, co-fondatore insieme a me ed altri musicisti romani del collettivo Franco Ferguson».

Quindi MySpace, che oggi è una specie di relitto, serviva!

Marta Raviglia: «Certo! Vocione nasce nel 2006 a Roma. Tony, che non conoscevo personalmente, mi scrisse proprio su MySpace per dirmi che aveva ascoltato la mia musica e che intravedeva una forte affinità col suo universo musicale e che, proprio per questo motivo, avremmo dovuto provare a fare qualcosa insieme. E così è stato. Nell’arco di poco tempo ci siamo messi al lavoro e abbiamo incominciato a provare musica originale, ma anche proveniente dalle tradizioni musicali più disparate. Il debutto non è stato immediato, ma è avvenuto ben due anni dopo i primi incontri. Abbiamo lasciato decantare il materiale e, soprattutto, Tony ha avuto la pazienza di aspettarmi perché all’epoca non ero brava quanto lui e, soprattutto, non ero matura quanto lui, musicalmente parlando. Diciamo pure che aveva intuito in che direzione sarei potuta andare e mi ha dato il tempo di arrivarci pian pianino».

Tony Cattano: «È così. Con Marta abbiamo sempre affrontato le mille difficoltà legate alla formazione atipica voce/trombone, divertendoci a dissacrare i molti brani che via via, in fase di prova, abbiamo integrato nel repertorio. Sono stato affascinato sin dal primo ascolto dalla voce di Marta, notavo qualcosa di diverso che proiettava la musica in terreni meno canonici e più di stampo improvvisativo, da qui la scelta di suonare in duo affrontando con un certo coraggio un repertorio che esalta la duttile e sacra follia delle possibilità vocali di Marta».

Come lavorate abitualmente ai pezzi e al repertorio?

Marta Raviglia: «Capita a entrambi di scrivere, studiare e ascoltare brani che pensiamo possano funzionare per Vocione. Cerchiamo di non limitarci e nella scrittura di materiale originale e nella scelta di eventuali riletture. I brani vengono arrangiati e strutturati in prova e non ci accontentiamo mai della prima versione, anche se spesso è accaduto che fosse particolarmente convincente e abbiamo deciso di proporla anche dal vivo. Siamo, allo stesso tempo, molto curiosi e molto rigorosi e cerchiamo, per quanto possibile, di interpretare ogni brano secondo il nostro gusto essendo rispettosi del senso della musica. E, poi, siamo degli improvvisatori folli e ogni volta i pezzi suonano un po’ diversi e questo non ci dispiace affatto».

Tony Cattano: «Il repertorio di Vocione è permeato da una forte componente multistilistica: le trasversalità stilistiche e dialettiche ci aiutano a sopperire alla mancanza di un’ancora di salvezza a livello armonico e ritmico – solitamente la funzione della voce e del trombone è quella solistica – e col tempo abbiamo creato un repertorio di brani che ci aiutassero a far stare in piedi l’arrangiamento senza l’ausilio di una strumentazione canonica».

Com’è evoluto il modo di rapportarvi tra di voi? Musicalmente e umanamente.

Marta Raviglia: «Inizialmente, non conoscendoci granché, è stata la musica il nostro punto di contatto più forte ma poco a poco siamo diventati grandi amici e, per quello che mi riguarda, considero Tony un fratello maggiore – ha un anno più di me e non smette mai di ricordarmelo [ride]. Abbiamo condiviso insieme tante esperienze bellissime nella vita e nella musica – siamo stati testimoni l’uno per l’altra di eventi che hanno segnato il corso della nostra esistenza e questo ha indubbiamente rafforzato la nostra intesa umana, oltre che musicale, per cui oramai rasentiamo la telepatia».

Tony Cattano: «Considero Marta una grande amica al di là degli aspetti professionali, purtroppo vivendo in città diverse capita di vederci solo per impegni musicali; quando qualche anno fa io abitavo a Roma e lei a Segni (in provincia di Roma) capitava di vederci più spesso a prescindere dalla musica. Marta oltre a essere una musicista straordinaria è per me una sorella minore! Sono di un anno più grande e non è poco! [ride]».

Veniamo al nuovo disco, Le Armi di Ares. Il fil rouge è questa narrazione omerica, mi raccontate l’idea, come è stata sviluppata…

Marta Raviglia: «Sono una grande appassionata di letteratura e teatro e quando abbiamo incominciato a suonare dal vivo eravamo soliti inframezzare i brani con delle letture tratte da l’Odissea – aprivo il libro a caso e improvvisavamo di conseguenza. Quando abbiamo registrato la nostra prima demo abbiamo inserito alcuni brani scelti che poi non abbiamo più utilizzato e che, invece, abbiamo riesumato per questo nuovo lavoro. È stato, dunque, abbastanza naturale considerare questi testi come una cornice per un concept album multistilistico alla maniera di Vocione».

Tony Cattano: «Sì, abbiamo cercato soprattutto di usarli per imprimere un leitmotiv epico a questo lavoro».

Come avete scelto i brani di Bernstein, Gil, Pergolesi?

Marta Raviglia: «Si tratta di brani che amiamo profondamente e che è stato molto naturale volere suonare insieme. Il pezzo di Gil mi è stato proposto da Tony e subito ho desiderato di poterlo interpretare. Mentre, invece, le composizioni di Bernstein e Pergolesi fanno parte del mio repertorio classico e sono stata io a proporle a Tony pensando che avessero qualcosa di “vocionico”. Siamo così curiosi che è impossibile circoscrivere un ambito d’azione».

Il lavoro ha una forte componente performativo/teatrale, come la proponete dal vivo, avete mai pensato a uscire dal contesto musicale per confrontarvi con altri pubblici?

Marta Raviglia: «Ci pensiamo in continuazione anche perché da sempre nei nostri concerti è presente la teatralità. Spesso, oltre a interagire tra di noi, coinvolgiamo anche il pubblico senza per questo sminuire il valore della musica che per noi resta l’elemento principale».

Tony Cattano: «Nel 2012 siamo stati invitati al festival della letteratura di Mantova, è stata un’esperienza molto stimolante e diversa dal contesto prettamente musicale. Come dice Marta la teatralità è una componente molto presente nelle nostre performance che salta fuori in maniera naturale e che intramezza talvolta il rigore esecutivo dei brani».

Ascoltando il disco ci trovo una forte componente rituale, è una mia impressione?

Marta Raviglia: «Direi di no – non è una tua impressione. Negli anni abbiamo sviluppato una tale intesa e una tale grado di telepatia che ogni concerto si trasforma in un’esperienza rituale – liberatoria e rigenerante al tempo stesso».

Tony Cattano: «Sicuramente alcuni brani vocionici fanno pensare ad alcuni aspetti rituali e mantrici come “Genoveffa” o “Via delle Barozze” (nel primo disco). Quindi non ti sbagli affatto, la performance vocionica ha insite una certa ritualità e sacralità».

L’ironia è un elemento molto forte nella vostra musica ed è anche un elemento che spesso disorienta gli ascoltatori, mi interessa qualche riflessione in merito.

Marta Raviglia: «L’ironia è un elemento del tutto naturale nella dinamica interna di Vocione. È sempre stato così. Non l’abbiamo cercata volutamente poiché fa parte della nostra natura di esseri umani e musicisti e non poteva non entrare all’interno della poetica “vocionica” come elemento di sorpresa e destabilizzazione. È vero quel che dici – spesso il pubblico è spiazzato da certe trovate, ma per noi è più un fatto di urgenza espressiva che di dispiegamento di effetti a buon mercato».

Tony Cattano: «Il mio ruolo nella coppia è quello della spalla, a volte cerco di stemperare le bizarre presentazioni di Marta cercando di fare “la persona seria” come in un vero duo comico! Il tutto non è mai stato studiato a tavolino, abbiamo sempre improvvisato. Secondo me il pubblico viene spesso spiazzato dal contrasto che si crea tra la vivacità e la scanzonatezza delle presentazioni con l’assoluta concentrazione nell’esecuzione dei brani».

La combinazione voce-trombone non ha molti precedenti significativi in ambito jazz/impro, che problematiche pone e quali sono dei riferimenti strumentali o espressivi che vi sono stati utili?

Marta Raviglia: «Vocione è stata ed è ancora una delle più grandi sfide cui mi sia imbarcata finora. Voce e trombone sono due strumenti molto simili – melodici e non temperati. Dunque, abbiamo dovuto lavorare moltissimo per trovare la nostra cifra stilistica, il nostro suono, e per non rischiare di incasellarci in ruoli ben definiti. Entrambi siamo interpreti, solisti e accompagnatori e questo richiede una profonda conoscenza della musica che di volta in volta eseguiamo. Tempo, intonazione, coinvolgimento emotivo, estro improvvisativo – non si può tralasciare nessun dettaglio. Bisogna sempre essere dentro la musica mettendo da parte l’ego. Vocione è come un piccolo ecosistema – ovvero, si nutre di qualsiasi forma di espressione artistica e si nutre anche della vita».

Tony Cattano: «Giustissimo quello che dice Marta, condivido. Dal mio canto l’utilizzo delle sordine mi aiuta a rendere più vario l’apporto timbrico ed anche l’utilizzo della tecnica dei multiphonics, largamente utilizzata da Albert Mangelsdorff, per alcuni aspetti armonici».

A cosa state lavorando in questo momento? Prossimi impegni?

Marta Raviglia: «Al momento ci stiamo concentrando sulla promozione del disco e abbiamo dei concerti per l’autunno e l’inverno. Stiamo lavorando sodo e speriamo questo ci ripaghi».

Cosa ascoltano Marta e Tony in queste settimane?

Marta Raviglia: «L’ultimo splendido lavoro di Les Claypool e Sean Lennon, l’opera omnia di Thundercat, gli australiani Hiatus Kayote, gli statunitensi Tune-Yards e il gruppo basato a Berlino Alien Ensemble. E, poi, come sempre tutto il resto e anche dischi, solisti e formazioni che ho molto amato in passato».

Tony Cattano: «Uh-Oh di David Byrne, musica giamaicana old style, Skatalites, dub, i dischi di Ellington e di Mingus.

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