Press Aut to lunch!

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Ettore Garzia on Percorsi Sonori

Aut to lunch! è il quartetto formato da Piero Bittolo Bon (sass.alto, clar.bas.,flauto), Alfonso Santimone (piano e Fender rhodes), Danilo Gallo (contr.) e Gioele Pagliaccia (percus. e banjo) immortalato a Pisa ai Sam Recordings Studio nel maggio del 2012 per omaggiare la musica del grande Eric Dolphy, ed uno dei suoi capolavori, ossia Out of lunch. Dall’evidente aggiustamento del titolo si intuisce che il lavoro è stato aggregato nell’etichetta discografica di Davide Lorenzon a Berlino. Le tracce di Aut to lunch!, ottenibili solo con download, forniscono la presenza estemporanea in un brano del sax soprano di Pasquale Innarella e del trombone di Tony Cattaneo in altri tre. L’ispirazione si basa sulla scaletta delle improvvisazioni di Out to lunch con l’aggiunta dei due brani introduttivi di Out there più GW presa da Outward bound, un mix che individua quindi un ricordo più completo di Dolphy.
I dischi di Dolphy nascevano nei fermenti del free jazz e si caratterizzavano per la mediazione opportuna tra opposte qualità della musica, nel suo caso l’asse con gli estremi soffice-rude, una circostanza che è stata basilare per decretare un’ampio interesse nelle generazioni di musicisti successive, giacché il successo di quella formula magica con accattivanti combinazioni di suoni, si prestava in maniera equa sia ai jazzisti di ampie vedute tonali, sia agli improvvisatori più accaniti del free. Il quintetto di Dolphy documentava in grande stile che cosa significasse il termine “formazione” dei suoni, fu uno dei tanti pozzi di riferimenti e di tecniche, che contribuirono a nuove impostazioni del jazz e dell’improvvisazione; oltre a saper mediare, i musicisti di Out of lunch erano degli splendidi esecutori che incoronavano Dolphy nella sua eclettica dimostrazione di interscambiabilità degli strumenti a fiato. Con Dolphy nel jazz cominciò lo sfruttamento sapiente delle differenti potenzialità degli strumenti a fiato, il virtuosismo scientifico su clarinetti bassi e flauti, che imponeva un criterio teso a scovare la loro forza coloristica.
Aut to lunch! si inserisce proprio in quel principio di documentazione vivace delle situazioni sonore: con un’impostazione degli abbinamenti del tutto diversa rispetto a quella usata da Dolphy, i musicisti italiani castrano la tempistica dell’americano per concentrarsi su un’improvvisazione che garantisca gli stessi risultati emotivi ma con propria rilettura: una sapida carrellata di improvvisazioni che si prestano ad un progetto che allinea conferme e fornisce anche sorprese: Bittolo Bon aumenta o diminuisce ad arte le velocità, ma colpisce sempre e comunque per il livello degli assoli, Santimone si sostituisce a quello che era il compito del vibrafono assegnato a Bobby Hutcherson in Out of lunch, dividendosi tra piano (spesso alterato in clusters) e fender rhodes (che sposta l’asse delle sonorità verso lidi davisiani); particolarmente attraenti sono anche gli inserimenti del trombone di Tony Cattaneo che smonta molte delle posizioni musicali che in Dolphy venivano attribuite ad altri strumenti. Sono ancora le soluzioni che colpiscono in questa associazione riuscita di improvvisatori che trasmette l’idea di una profonda conoscenza dell’artista americano tale da poter fornire in qualsiasi momento una personale sintesi.

Joe on Outwardbound

PBBがエリック・ドルフィー役を務めた、「アウト・トゥ・ランチ」トリビュート作品。

収録は8曲で、「アウト・トゥ・ランチ」全5曲以外には、「GW」「Serene」「Out There」とおなじみのナンバーで構成されている。PBBは原典通り、アルトサックス・バスクラリネット・フルートを駆使する。アルトサックスは、音色の系統的にはオリヴァー・レイクのドルフィー・トリビュート作に近いが、バスクラの響きやフルートのアタックの強い吹き方には、ドルフィー・リスペクタブルなエモーションを感じ取れる。

PBB以外のメンバーは、ベースが彼の「Jümp The Shark」に参加している人だというぐらいで、他は全く知らない人たち。「アウト・トゥ・ランチ」には本来入っていないはずのピアノやソプラノサックスも参加して、曲によってはフェンダーローズが入るなど現代的アレンジも施されているが、トータルとしてみれば、しっかりとドルフィー曲の世界観を再現・再構築しているといえる。

これは、高瀬アキとアレクサンダー・シュリッペンバッハのトリビュートアルバム「So Long, Eric!」でも感じたことだけれど(昨年11月23日参照)、どんなアレンジが施されようとドルフィーのオリジナル曲は非常に強固なのだなあ、と再認識してうれしくなるのだった。

Adriano Ghirardo on Mellophonium

Gli ultimi decenni sono caratterizzati dalla moda del tributo che porta ad omaggi e riletture, più o meno aderenti allo spirito originario, delle figure più rilevanti della storia della musica afroamericana. Se un gigante come Eric Dolphy è rimasto sostanzialmente immune a questa pratica lo si deve alla difficoltà tecnica ed all’originalità che ne fanno un marziano all’interno di quel periodo a cavallo fra postbop e free jazz. Lodevole, dunque, l’iniziativa del quartetto guidato dal batterista Gioele Pagliaccia che, in compagnia, di Piero Bittolo Bon ai fiati, Alfonso Santimone al piano e Fender Rhodes e Danilo Gallo al contrabbasso, interpreta quei brani all’epoca quasi trasgressivi ed oggi classici del jazz contemporaneo. A differenza di quel che fa immaginare il titolo il repertorio non attinge solamente dal capolavoro “Out to lunch!” (qui variato in onore della casa discografica Aut Records) ma anche ad altri dischi quali “Outward bound” e “Out there” regalando perle quali la dolce “Serene” e la postboppistica “GW” dedicata originariamente al direttore di big band Gerald Wilson, recentemente scomparso alla veneranda età di 96 anni. L’adesione dei quattro al progetto è totale e le versioni sono personali seppur nel rispetto delle intenzioni del compositore. Bittolo Bon, di fronte ad una impresa complessa, non fa il verso all’inconfondibile fraseggio di Dolphy ma aggiunge il proprio vissuto e stile alla grande tradizione libertaria neroamericana. L’uso delle tastiere di Santimone serve, soprattutto nei brani tratti da “Out to lunch!”, a ricreare una atmosfera simile a quella vaghezza armonica assicurata dal vibrafono di Bobby Hutcherson. Ma è l’alchimia d’insieme a funzionare egregiamente e l’apporto, in alcuni brani, di ospiti quali Tony Cattano al trombone e Pasquale Innarella al sax soprano aggiunge colori ad una tavolozza già ricca e soddisfacente.

Luca Canini on All About Jazz

Ultima tappa della nostra mini guida con un più che riuscito omaggio al genio di Eric Dolphy. Fissato su nastro dal quartetto del batterista Gioele Pagliaccia, mente e motore di un gruppo completato dal piano e dal Fender Rhodes di Alfonso Santimone, dal clarinetto basso, dal sax contralto e dal flauto di Piero Bittolo Bon e dal contrabbasso di Danilo Gallo. Ospiti, in un paio di tracce, il trombone di Tony Cattano e il sax soprano di Pasquale Innarella. Che fanno capolino qua e là in una scaletta modellata attorno a quella del capolavoro Out to Lunch: da “Hat and Beard” a “Straight Up and Down,” le cinque composizioni che stavano sull’originale ci sono tutte. Più tre che fanno otto con l’aggiunta della saltellante “G.W.,” brano dedicato da Dolphy a Gerald Wilson, della sognante “Serene” e della spigolosa “Out There,” scritta a quattro mani dal marziano del jazz con Charles Mingus.

Un programmino niente male che la band affronta con il necessario rispetto e la doverosa irriverenza. Riuscendo a non cadere nella trappola dello scimmiottamento puro e restituendo l’incredibile freschezza di un repertorio poco frequentato dai jazzisti dei giorni nostri. A parte una leggendaria rilettura di Out to Lunch firmata Otomo Yoshihide (fatevi del bene: recuperatela), un paio di dischi recenti della sassofonista tedesca Silke Eberhard e l’ancora più recente So Long Eric! confezionato dalla coppia Aki Takase -Alexander von Schlippenbach, non sono molti ad essersi cimentati con il canone dolphyano. Forse per l’eccessiva caratterizzazione delle partiture; o forse per una sorta di timorosa reverenza al cospetto di un maestro tanto geniale e ingombrante. Timorosa reverenza della quale non sembra minimamente soffrire colui che si trova nella posizione “eticamente” più scomoda: Piero Bittolo Bon.

Chiamato a confrontarsi con il punto di riferimento per antonomasia di chi saltella dal clarinetto basso al contralto passando per il flauto. Un confronto salutare soprattutto per chi ascolta. Appassionato. Sincero. Problematico il giusto. Anche grazie al supporto di una band versatile, che si muove alla ricerca di nuove angolazioni e prospettive inedite (da applausi, ad esempio, l’approccio terroristico del Rhodes di Santimone in “Hat and Beard”). Musica che ha mezzo secolo ma che parla del domani. Il miracolo del jazz.

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