Press Crisco 3 – You Can Never Please Anybody

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Recensione di Luciano Vanni per Jazz It – marzo 2012

Beppe Scardino, Piero Bittolo Bon e Francesco Bigoni esordiscono con la sigla Crisco 3 nel 2006 ma i tre musicisti si conoscono da prima: sono la frontline del sestetto Orange Room, diretto da Beppe Scardino, e condividono l’appartenenza al collettivo El Gallo Rojo. Sarà anche per questo che la musica incisa è così equilibrata, evocando quella del World Saxophone Quartet, sia nelle composizioni in cui la scrittura è molto scrupolosa e l’improvvisazione entra in circolazione con moderazione (Don’t Touch Him (This is Jazz), Clipperton’s Strategy, The Onanistic Side Of Crisco 3), sia quando la musica scorre totalmente improvvisata (Lusco Eterno e Forty Years). Crisco 3 ci sorprende per l’arrangiamento di Twenty Years di Bill Frisel, in cui si materializzano unisoni e background di tipo orchestrale e un caleidoscopico orizzonte timbrico.

Recensione di Vincenzo Roggero per All About Jazz – dicembre 2011

“Aut Records è un’etichetta discografica dedicata alla musica di ricerca e sonorità inusuali”. Frase secca, lapidaria, che campeggia sulla home page del sito ed esemplifica al meglio lo spirito della giovane label. Piero Bittolo Bon, Beppe Scardino, Francesco Bigoni (tutti e tre membri del collettivo El Gallo Rojo) sono tra le ance più interessanti e propositive del panorama musicale italiano. L’incontro sembrava già scritto negli astri e così è stato, You Can Never Please Anybody, il risultato, è disco con più di un motivo di interesse e qualche disomogeneità.

Il trio dà il meglio nelle due versioni di “Philosophy of the World” (brano del misconosciuto gruppo tutto al femminile The Shaggs – assai apprezzato da un genio come Frank Zappa) e nella cover della friselliana “Twenty Years,” tratta dall’album del 2001 registrato insieme a Dave Holland ed Elvin Jones. La melodia naive, strampalata, sghemba del brano delle Shaggs si presta come poche alle ance irriverenti dei tre che qui ne danno una interpretazione dai toni gospelizzanti nella prima, quasi country & western nella seconda, ammorbidendone le secchezze originali e cavandone meraviglie timbriche, armoniche e ritmiche.

Diverso l’approccio al brano di Frisell. Qui la linea melodica delicatissima, diafana di “Twenty Years” da origine ad un’atmosfera rarefatta, quasi impalpabile, con spazi dilatati e toni cameristici per purezza di suoni e di linee. Una sorta di metafisica della composizione/improvvisazione prende forma lentamente e ci regala un gioiello splendente. Le cose migliori sembrano proprio provenire da quei brani con una presenza anche minima di forma e struttura che fantasia e creatività dei nostri sono in grado di modellare a proprio piacimento. Altrove, quando prende il sopravvento l’improvvisazione tout court e viene dato ampio spazio alla ricerca timbrica, l’impressione è di una minore incisività ed efficacia.

Valutazione: 3.5 stelle

Recensione di Enrico Bettinello per Blow Up – Ottobre 2011

Spin-off di sole ance della fucina creativa del Gallo Rojo (su etichetta Aut per l’occasione), i Crisco 3 mettono a frutto anni di affiatamento e di idee -a 360 gradi- condivise. Nella formula del trio senza sezione ritmica, l’esito è notevole: la chiave sta nella flessibilità delle triangolazioni e nelle possibilità per ciascuno dei tre (Piero Bittolo Bon, Francesco Bigoni e Beppe Scardino) di usare due strumenti differenti. La scrittura, venata come è doveroso da qualche inflessione hemphilliana, sorregge al meglio gli intrecci e le improvvisazioni, e c’è spazio anche per riletture tutt’altro che banali di Twenty Years di Bill Frisell e della incredibile Philisophy of the world delle Shaggs. Poteva essere un episodio minore della variegata narrazione Gallo Rojo, rischia di essere un cuneo rovente sparato nel cuore del linguaggio dell’avant jazz di casa nostra.

(7/8)

Recensione di Marco Carcasi per Kathodik – Giugno 2011

Il progetto Crisco 3, è l’occasione giusta, per chi ancora non ne ha avuto il piacere, di far la conoscenza, con alcune fra le più significative voci odierne, generate in tema di sax, nel nostro paese. Ora, se questo trio avrà un seguito, sol Dio lo può dire, ma, nel frattempo, l’immersione in questo “You Can Never Please Anybody”, è più che soddisfacente. Francesco Bigoni, Piero Bittolo Bon e Beppe Scardino (nell’ordine, sax tenore, alto e baritono, più clarinetti assortiti). Dieci composizioni, originali e non, per un’opera vitale e godibilissima. Organico intreccio, fra classici umori jazz afroamericani e trasparenti soluzioni contemporanee. Ayler philosophy, baldanzosamente bluesy nelle movenze, e sezioni cameristiche a maggior tasso d’introspezione (dove i clarinetti si fan sentire eccome…). Una cover del gruppo femminile The Shaggs, un Bill Frisell arrangiato per fiati, pause, strappi, gioiose esplosioni corali, borbottamenti ed azione/concetto, chiara e affilata. Ben saldi su nodose radici, con il futuro a fuoco nel mirino. Ideale e lucida rappresentazione, di un’Italia che non si piega al marciume circostante. Fra politici/agopuntori, nani in fuga e sinistre figure, vuote e bercianti. La qualità, non è certo affar di loro competenza. Veramente ben fatto.

Taran Singh onTaran’s Free Jazz Hour and

Two radio podcasts featuring two tracks from “You can never please anybody”.

Recensione di Andrea Ferraris per Sodapop – Luglio 2011

Continua imperterrito il cammino della Aut che ha ormai assunto definitivamente la fisionomia di un’etichetta dedita a quel jazz “off” che altrove verrebbe beatificato nel nome del richiamarsi ad una tradizione (senza per questo non vedere un briciolo di personalità) ma che da noi è e rimane off. Un disco che mi ricorda molto alcune cose del Rova, se non altro per come è composto, ma che al tempo stesso si sposta su altre derive. I fiati di questa formazione sono molto affiatati e si capisce chiaramente sia quando viaggiano all’unisono sia quando si rimpallano le dissonanze in una sorta di rissa molto controllata e composta che quindi non lascia mai spazio al disordine. Solitamente il gioco del trio è di lasciare un solista contrappuntato da due fiati che lavorano in copia. Per quanto le traccie più fisiche siano notevoli sono rimasto più colpito dai pezzi più d’atmosfera come nel caso di 4. Forse si tratta di uno dei dischi più ostici dato lo stampo dell’etichetta trevigiano-bolognese ma non certo di uno dei meno interessanti. Si tratta di un lavoro pensato accuratamente e ben poco compromissorio. Eppure, nonostante questo apparente oltranzismo i Crisco 3 non sono mancanti di un certo calore.

John Book on This is Book’s Music – November 2011

Crisco 3 are a jazz trio consisting of Beppe Scardino (baritone sax/bass clarinet), Piero Bittolo Bon (alto sax/alto clarinet) and Francesco Bigoni (tenor sax/clarinet). Their style of jazz is primarily free form and improvisational, but like their counterparts in prog rock, these Italian musicians also have a soft and delicate side that is done without irony, as shown on their new album You Can Never Please Anybody (Aut).

For most of the album, you’re hearing the craft of these three musicians unfold right in front of you, and it sounds like they have no idea what the other person is doing, but there is a point to the incredible madness. “Don’t Touch Him (This Is Jazz)”, “The Onanistic Side Of Crisco 3″, Bill Frisell‘s “Twenty Years” moving into Crisco 3′s own “Forty Years” are songs that sound like these groups are brothers of the same mind, and you can’t help but smile at the beauty of it all. The biggest surprise is when they take a brief break and makethe ugly into something much more beautiful. In this case it’s their cover of The Shaggs‘ “Philosophy Of The World”. The original is a 1960′s nightmare masterpiece, played by a group of ladies who wanted to rock but could not do it well. It caught on because Frank Zappa became a fan and found humor in the group’s tone-deaf ways. What Crisco 3 do is make an effort to turn the song into what it could have sounded like, and in their hands it becomes something that all groups should do: take a bad song and make it better. They group close the album with another rendition of the song, but called “Pphhiilloossoopphhyy Ooff Tthhee Wwoorrlldd” and when it is heard, you’ll understand why it was titled this way.

Loris Zecchin su Solar Ipse nr. 6

[…]il disco dei Crisco 3, il mio preferito del lotto. Set di sole ance a denominazione di origine controllata (è gente del collettivo El Gallo Rojo). Avant jazz che trasforma in stupore una semplice intuizione raccolta per strada, mostrando antipatia verso la sintesi. Difficile, se non impossibile, sfuggire alle lusinghe di tali sirene.

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